Sante Monachesi - Il Trionfo Di Gea

autore: SANTE MONACHESI
titolo: II trionfo di Gea
tecnica: affresco
misure: cm. 218 x 266
epoca: 15 - 18 luglio 1959
collocazione: via G. F. Usellini
iscrizioni: “MONACHESI 959”, in basso a destra

 

dipinto di Sante MonachesiL'opera. Il titolo originale pensato dall'artista corrispondeva a "Le donne di Arcumeggia", ma per una questione di censura imposta dal clero locale, Monachesi acconsentì a mutarlo ne "11 trionfo di Gea". L'artista volle infatti rappresentare le donne di Arcumeggia che nel sogno, a cui alludono simbolicamente la luna e il copricapo tipico della fate, pensano ai loro mariti che, lontani dalla famiglia, stanno lavorando. Il dipinto è un'interpretazione in chiave onirica del filone legato alla tematica celebrativa dei riti e delle tradizioni sociali o lavorative locali.

 

 

L'artista. Nacque a Macerata nel 1910. Si diplomò all'Istituto d'Arte della città natale e frequentò il corso di scenografia del Centro Sperimentale di Cinematografia di Roma.
Nel 1932 fu tra i fondatori del gruppo futurista della sua città natale e a partire dal 1934 espose alle Biennali di Venezia.
Nel 1936 firmò con gli esponenti del Futurismo romano, tra cui Marinetti e Tana, il Manifesto della Plastica Murale. Nel 1937 espose a Parigi alcune pitture astratte e nel 1939 tenne una mostra a New York. Dopo la Seconda Guerra Mondiale si avvicinò alla pittura fauve come ben si nota, ad esempio, nella serie di opere intitolate "Muri cechi" (1945-65). Negli anni Sessanta compì alcune sperimentazioni nel campo della scultura utilizzando nuovi materiali come nell'opera "Evelpiume".
Morì a Roma nel 1990.

 

Notizie storico-critiche. Il 5 giugno del 1958 Usellini e Raffo scelsero lo spazio su cui Monachesi, che nel frattempo aveva garantito la propria adesione al progetto di Arcumeggia, avrebbe affrescato e gli inviarono una foto del luogo. L'artista restituì, alcuni giorni dopo, la foto cui aveva sovrapposto uno schizzo relativo ad una prima idea circa il dipinto che avrebbe desiderato eseguire (foto n. 57, p. 88). La foto (di cui è stato recuperato l'originale ritoccato da Monachesi) venne pure pubblicata sul quotidiano "La Prealpina" del 19 giugno 1958.
L'artista, però, giunse ad Arcumeggia solamente 1° luglio 1959 in compagnia degli aiutanti Sandro Trotti e Gianni Bartolomucci. Probabilmente nel corso di quell'anno Monachesi ebbe diversi ripensamenti circa il soggetto, dal momento che espresse incertezze sulla scelta da compiersi.
Durante il suo soggiorno eseguì, stando alle informazioni fornite dalla cronaca locale, circa venti bozzetti che stava ancora elaborando il 15 luglio. L'affresco venne realizzato in un tempo molto ristretto e risultò pronto il 18 luglio.
Nell'opera si possono individuare tematiche che si alla ciano alle ricerche formali e contenutistiche che l'artista stava elaborando in quegli anni. Secondo quanto riferiva Corrado Stajano sul "Tempo" di Milano deIl'11-8-1959, Monachesi con il ''Trionfo di Gea" aveva voluto visualizzare" un inno alla bellezza", "la sua era una donna-mito (...) quale la s'incontra soltanto nei sogni. Era una fata, ecco tutto, e delle fate portava anche il lungo cappello a cono".
La tipologia di queste fantasiose figure femminili è già presente in un dipinto di Monachesi eseguito nel 1949 e intitolato "Le claunesse" (riprodotto in G. Petroni, 1965, tav. 44); nell'opera appaiono tre donne sedute ad un tavolino e con il capo coperto dai tipici cappelli a cono. In un'altra opera del 1959, intitolata anch'essa "Le c1aunesse" (G. Petroni, 1965, tav. 61), vengono riproposte nuovamente queste caratteristiche figure femminili con l'aggiunta del curioso quarto di luna presente anche nell'affresco di Arcumeggia.
Le figure femminili dipinte nel "Trionfo di Gea" di Arcumeggia vennero poi riprese per una serie di personaggi riprodotti in diversi dipinti eseguiti negli anni immediatamente seguenti e caratterizzati dal tema "agrà" ossia "agravitazionale". Infatti, soprattutto nel dipinto del 1960 intitolato "Le portantine Agrà", è possibile riscontrare una notevole similitudine di queste "portantine" dal corpo nudo e caratterizzate dal copricapo da fatine con le donne di Arcumeggia.
Anche all'interno della Casa del Pittore è conservato un piccolo affresco (cm. 39 x 20), che ripropone la medesima tematica delle "fatine Agrà" e che fu eseguito da Monachesi quasi certamente durante la sua permanenza ad Arcumeggia nel 1959 (foto n. 102, p. 139).
Per Monachesi "Agrà" costituiva la coscienza universale che, in un'epoca gravitazionale, non dipende più da alcun feticcio o ideologie di massa, ma vive a maggior contatto con la natura e, collocatasi al centro dell'universo, si evolve continuamente per liberarsi da povertà e schiavismi. Per l'artista "agrà" significava quindi l'uomo che riesce a divincolarsi da tutte le imposizioni che gli vengono da una società conformista e artificiosa. Sembra quasi che Monachesi avesse ricevuto gli stimoli necessari per elaborare simile teoria durante il suo soggiorno ad Arcumeggia, perché, come è già stato spiegato nel paragrafo storico, l'artista visse con entusiasmo l'esperienza nel paesino della Valcuvia che proprio per il suo essere così genuinamente lontano dalla frenetica civiltà industriale conservava e rappresentava ancora un modello di vita pacifica e ricca di rapporti sociali e umani.
Questo contenuto venne espresso non soltanto dal punto di vista tematico, ma anche visualizzato da alcune scelte formali ben precise. Era evidente in Monachesi che la necessità di liberare l'uomo dai formalismi artificiosi non poteva non accompagnarsi ad un parallelo utilizzo di un linguaggio stilistico spogliato di falsi orpelli decorativi e strutturali. Ecco perché ne "II trionfo di Gea" si assiste allo sfruttamento delle forme primitive della geometria alfine di costruire spazio e personaggi. Ben si addicono all'occasione le osservazioni fatte da Marasco (1968 (?), pp. 37-38) a proposito dello stile che Monachesi adottò a partire già dal 1930 e consistente nella semplificazione dell'immagine mediante l'utilizzo di linee rette su superfici piane o attraverso diagonali che i intersecano, parabole, curve, segmenti di rette, cilindri e molte altre figure geometriche. Questo era l'unico linguaggio possibile e fortemente comunicativo del messaggio che Monachesi voleva trasmettere.

 

L'affresco, di cui si notano in corrispondenza dell'immagine della luna i fori del cartone preparatorio, appare particolarmente deteriorato a causa di consistenti cadute di colore. In modo particolare il bianco e il grigio che coloravano le figure sono quasi totalmente scomparsi e risulta visibile soltanto il disegno di contorno.
A conclusione è corretto riportare anche le valutazioni che espresse nel 1967 Agnoldomenico Pica il quale affermò: "il «Trionfo di Cea» nell'evocazione del tema mitico potrebbe forse alludere alle origini romane dell'insediamento umano di Arcumeggia, ma pure al di là della implicazione classica, forse troppo speciosa e culta, Monachesi ha tradotto il suo "Trionfo" in una scesa giocosa, senza ombra di sussiego; nella quale il riferimento classico, se vi e, è in chiave fescennina, mordace e popolaresca, tanto che finisce per partecipare del medesimo clima delle altre composizioni che, ave non si riferiscano ai temi ricorrenti e sempre presenti della leggenda cristiana, danno forma e luce e colore e voce alle vicende del borgo: la maternità, i giochi dei bimbi, la partenza e il ritorno dell'emigrante, le donne che attendono, i lavori degli uomini, o la corsa ciclistica, e cioè il mito popolare dei nostri giorni".

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Sante Monachesi - Il Trionfo Di Gea

 

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